|
"Sì, proprio l'altro ieri. Il 17
febbraio. Del 1904. Cento anni."
"Però."
"Alla Scala di Milano. E non andò bene."
"Mi dica. Io l'ho vista tanto tempo fa a Torre del Lago e, debbo dire, non mi ha
fatto grande impressione. Ma io conosco poco la musica vocale. Prediligo quella
strumentale. Mi dica."
"Vuole ancora una tazza di caffè?"
"No, grazie. Quello che si vede da questa veranda è già abbastanza per me."
"Allora, dicevo, a Milano. Puccini, che a quell'epoca aveva quarantasei anni, era
ormai assai noto in Europa perché aveva già composto La Bohème, otto anni prima, e la
Tosca, quattro anni prima. Oltre, naturalmente, all'ancora precedente Manon Lescaut. Come
sa, era l'epoca del fiorente Liberty, delle cineserie o, più in generale,
dell'orientalismo. E anche le musiche di scena risentivano di questa moda incredibilmente
bene accolta dagli artisti europei. Ma Puccini come arrivò all'idea della Butterfly? Era
a Londra, nel 1900, per presenziare alla prima di Tosca in Inghilterra. Gli capitò così
di assistere, al piccolo teatro del Duca di York, ad un breve pezzo teatrale in prosa
intitolato Madame Butterfly dell'americano David Belasco. Puccini ne fu immediatamente
colpito. Il fatto aveva già una sua origine in un racconto di John Luter Long, il quale
Long a sua volta si era ispirato ad un romanzo, Madame Chrysanteme, dell'infaticabile
Pierre Loti. È sicuro che non vuole dell'altro caffè? Chiamo subito Antonietta
o
qualche altra cosa?"
"Gliel'assicuro. Lasci stare sua moglie. E continui, la prego."
"Come vuole. Puccini si rivolse ai suoi librettisti preferiti, Luigi Illica e
Giuseppe Giocosa, che andavano d'accordo con lui ma poco tra di loro, e, nel 1901,
cominciò a musicare l'opera. Sennonché, al povero toscano, nel maggio del 1903, occorse
un serio incidente di macchina che lo tenne fermo per diverso tempo. Comunque, nel
dicembre dello stesso anno, l'opera era finita. Bisognava rappresentarla, ma non fu
possibile prima del febbraio dell'anno successivo. Fu un fiasco."
"Davvero? Incredibile"
"Incredibile, ma la storia dell'opera lirica conta molti di questi fatti incredibili.
Basta ricordare il precedente scandaloso della Traviata, caduta miseramente alla prima di
Venezia
Ma se per la Traviata poteva esserci una minima scusante, che era quella di
vedere sulla scena personaggi vestiti come gli spettatori, per la Butterfly ciò non
accadeva davvero, e poi l'opera era in perfetta aderenza con il gusto del momento."
"E allora, come fu che divenne celebre?"
"Puccini è finito, si disse subito. Lui ritirò l'opera, ne fece tre atti, come
aveva sempre voluto mentre i librettisti avevano deciso per due atti, aggiunse una romanza
per il tenore, tolse una serie di battute e ripresentò la composizione tre mesi dopo al
Teatro Grande di Brescia. Successivamente tolse ancora qualche battuta e
fu il
trionfo!"
"Interessante. Insomma l'opera era rimasta quella della Scala."
"Sostanzialmente sì. Ora, posso capire come lei, amante appassionato della musica
strumentale, possa non aver provato grandi emozioni nella Butterfly."
"E cioè?"
"Vede. L'accusa che si fece subito alla Butterfly fu quella di essere quasi
un'operetta, piuttosto che una vera opera lirica. D'altronde Puccini non nascondeva la sua
grande ammirazione per Franz Lehar. Si voleva vedere l'opera come qualcosa che rientrasse
nell'immagine consacrata sia da Verdi che da Wagner. Passioni immense, fatti storici o
mitologici, grandeur. La storia di una piccola e insignificante geisha diminuiva
di per sé le possibilità dell'Autore."
"Come se l'Arte si dovesse misurare per estensione e non per profondità."
"Infatti. Senza contare che avevano già visto la luce altre composizioni diciamo
esotiche come l'Africana di Meyerbeer, i Pescatori di Perle di Bizet, la stessa Aida di
Verdi, Thaïs di Massenet, per non parlare dell'Iris di Mascagni, alla quale Puccini si
era in più di un passo ispirato. Da notare che con la sua maniacale ricerca della
perfezione, Puccini aveva inserito nella Butterfly sonorità ricavate da strumenti
musicali utilizzati in Giappone, sonorità misteriose e affascinanti che aveva a lungo
studiato ed elaborato. Il suo cromatismo musicale, che troverà la massima esaltazione
nell'incompiuta Turandot e che aveva fatto le prime apparizioni soprattutto nel secondo
atto della Bohème, ebbe nella Butterfly una felicissima esplicazione."
"Era musicalmente colto Puccini?"
"Era un musicista di alto livello. Lei non ricorderà, ma nel primo atto della
Butterfly c'è la scena del matrimonio, matrimonio preso con tragica serietà dalla
piccola Cio Cio San e con volgare superficialità dal bell'americano, dove la musica, la
vera musica, la sua musica strumentale, la fa da padrona e dà la misura della cultura
musicale del compositore. Non parlo di pagine immortali, dalla delicatezza e dal vigore
struggente, come "Un bel dì vedremo" o come il "Coro a bocca chiusa"
o anche la scena finale del suicidio della giapponese dopo il terribile "Tu, tu
piccolo Iddio" col quale si accomiata dal figlioletto che le verrà tolto dalla
"vera" moglie americana. È difficile pensare come una tale rappresentazione di
tragedia, sostenuta da una musica sempre all'altezza, possa essere stata scambiata per
un'operetta. Ma tant'è."
"Già, tant'è. Forse avrei dovuto prestare più attenzione a Torre del Lago."
"Ma si è sempre in tempo."
"Ma si è sempre in tempo. La Butterfly non rischia di sparire dalle scene, anche se
compie cento anni
"
"Di sicuro."
Cassandrino (Febbraio 2004) Inserisci un commento |