Cassandrino: Le quattro casalinghe di Tokio, di Natsuo Kirino
Recensioni di libri - 2


   LE QUATTRO CASALINGHE DI TOKIO


Natsuo Kirino - Le Quattro casalinghe di Tokio, Neri Pozza, 2003, € 18,00

"Qualche volta dobbiamo andare tutte a provare il sushi."
"Perché, una pizza come questa non ti basta?"
"Sì, ma bisogna sempre provare."
"A proposito, ho appena finito di leggere un libro di una giapponese."
"Voi leggete sempre cose esotiche. Perché?"
"Non so, la novità, ti attira sempre."
"E allora? Come ti è sembrato?"
"Insomma."
"Ma non ci vorrai raccontare un libro che ti è piaciuto… insomma."
"Beh, perché no? Bisogna sempre parlare di capolavori? Ve ne posso parlare anche se non è questo miracolo."
"Va bene, racconta."
"Si tratta di quattro donne - noi qui siamo tre - di carattere e storie diverse che trascinano una vita disperata e disperante in un lavoro notturno dentro uno stabilimento che produce quintali di cibi in scatola. Vivono con uomini incredibilmente egoisti, con figli che le disprezzano, in tuguri di pochi metri quadrati, insomma una vita che è nera anche di giorno. Sono soggette alle angherie del sorvegliante, della suocera inferma, del maniaco che le aspetta di notte tra i rifiuti all'ingresso del lavoro… Ma non possono fare a meno di lavorare perché la vita loro e dei loro familiari dipende da quel lavoro. Non so se vi ricordate gli ambienti scuri e fumosi dei minatori inglesi del secolo scorso, ecco più o meno…"
"Che allegria!"
"Infatti, i primi capitoli si leggono a fatica proprio per questa aria orribile che si respira di pagina in pagina. Poi, finalmente succede qualcosa: una di loro - non vi dico i nomi perché sono difficili da leggere e figuriamoci da ricordare… - dopo essere stata duramente picchiata dal marito ubriaco e buono a nulla, e che aveva perso alle carte tutti i loro miseri risparmi, presa da una rabbia improvvisa, gli passa la cintura attorno al collo e stringe, stringe fino a quando… non sa nemmeno fino a quando deve stringere per essere sicura che sia morto. I figlioletti dormono nell'altra stanzetta e non si accorgono di nulla. E da qui comincia il romanzo vero e proprio."
"Accidenti. Chissà se posso fumare qui dentro."
"Ma lascia perdere queste sigarette…"
"Uffa. Allora, va' avanti."
"Liberarsi del marito senza un minimo di rimpianto (e che doveva rimpiangere?) era stato facile, ma poi che fare? Dove metterlo? La donna cominciava ad essere, non pentita, ma un po' confusa. Allora pensa di chiedere aiuto ad una delle quattro colleghe, quella più seria e quadrata. Quella ci sta ad aiutarla, e comincia a pensare cosa farne del morto. Durante il lavoro, vedendo la carne ridotta in piccoli pezzi che andava pressata nelle scatolette, le viene in mente che il morto poteva essere sezionato in pezzi piccolissimi e comodamente gettato in vari cassonetti della immondizia. E così le due donne cominciano a fare. Sennonché, le cose si complicano, e una per volta, tutte e quattro sono coinvolte nella dissezione del cadavere, ognuna per un motivo particolare, soprattutto soldi. Poi le cose si complicano ancora e alla fine quella più seria e quadrata riesce ad emergere dall'infinito squallore."
"Beh, detto così non è male."
"Infatti non ho detto che è malvagio. L'autrice, che ha circa 45 anni, è molto conosciuta in Giappone, ha vinto premi letterari e con questo libro ha vinto il Premio della Associazione giapponese degli Autori di romanzi polizieschi, così dice il risvoltino. Io l'ho trovato scritto bene, ma direi un po' compiaciuto."
"In che senso?"
"Nel senso che si dilunga forse eccessivamente nelle descrizioni truculente della dissezione del cadavere, nelle scene di violenza, di stupri. Ci sento come un gusto per l'effettaccio sanguinolento che a volte dà fastidio e a volte fa perfino un po' sorridere. C'è sangue a volontà. Però, ripeto, debbo dire che è scritto sapientemente, e rende assai vivo il clima dei bassifondi di Tokio. E quindi vi dicevo…"
"E no, adesso ci hai messo in curiosità. Se mi capita, lo voglio leggere e quindi tu, ora, finisci la pizza che ti è diventata fredda e non ci racconti altro, va bene?"
"Giusto."
"Giusto."

                                                              Cassandrino (Febbraio 2004)

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